La protesi di ginocchio è attualmente uno degli interventi di sostituzione protesica più eseguito in tutto il mondo. La durata media di una protesi di ginocchio oscilla tra i 10 ed i 25 anni, e questa durata, grazie a tecniche sempre più raffinate, sta aumentando di anno in anno.
Ci sono varie cause per cui una protesi può non funzionare ed avere bisogno di essere revisionata, come l’usura delle componenti protesiche o il loro scollamento dall’osso, le infezioni, le fratture, un’instabilità di nuova insorgenza o altri fattori correlati al paziente come precedenti interventi sul ginocchio protesizzato, il peso corporeo o il livello di attività del paziente. [1-2]A prescindere dalle cause, il fallimento dell’impianto chirurgico presente generalmente lo stesso corteo sintomatologico: dolore, diminuzione della funzionalità del ginocchio, gonfiore ed in alcuni casi aumento della temperatura locale.
E’ necessario, qualora sovvenga uno di questi sintomi, eseguire una visita specialistica per valutare se la protesi impiantata necessita di revisione chirurgica.
L’intervento di revisione di protesi di ginocchio prevede solitamente un’incisione eseguita lungo la precedente cicatrice, opportunamente estesa alle estremità. Si procede quindi ad un’attenta valutazione della situazione locale, alla rimozione di eventuali detriti o fibrosi, all’espianto della vecchia protesi e all’impianto della nuova protesi da revisione avendo cura di colmare eventuali difetti ossei presenti.
Il paziente riesce generalmente a camminare con carico parziale a partire dalle 24 ore successive all’intervento e inizia contestualmente un percorso fisioterapico che proseguirà per i 2-3 mesi successivi all’intervento. In alcune situazioni particolari il carico potrà essere concesso dopo 1-2 mesi a seconda delle procedure effettuate in sede chirurgica, come ad esempio la correzione di importanti difetti ossei.
Se la protesi di ginocchio è fallita in assenza di infezione è necessario solitamente un singolo intervento: revisione asettica di protesi di ginocchio. [2]
Così come esistono diversi tipi di protesi di ginocchio, esistono diversi tipi di tecniche di revisione. Questi dipenderanno dalla tipologia di protesi primaria impiantata (monocompartimentale, totale, semivincolata, etc..) e dalle condizioni locali dell’articolazione (Fig. 1). Alcune volte può essere sufficiente sostituire solo uno dei componenti che compongono la protesi, risultando in un intervento e un recupero più rapidi. Altre volte è invece necessario utilizzare protesi “personalizzate” e particolari accorgimenti per colmare ad esempio dei difetti ossei, ed in questo caso l’intervento potrà prevedere un più lungo periodo di recupero (Fig. 2 e 3). [3-5]
In caso di infezione spesso può non essere possibile reimpiantare direttamente una nuova protesi. In questi casi è necessario procedere con una revisione (definita settica), in 2 tempi. [2]
Durante il primo intervento chirurgico viene eseguito l’espianto della protesi, si fanno prelievi che vengono inviati in laboratorio per esame colturale, e in prima istanza si procede con l’impianto di uno spaziatore che andrà mantenuto in sede per 8-12 settimane (durata della succssiva terapia antibiotica sistemica) o fino a quando i valori ematici mostrino un superamento dell’infezione. Questo permette di minimizzare le probabilità di una nuova infezione della protesi da revisione. Al termine del trattamento antibiotico si potrà procedere con un secondo intervento di sostituzione dello spaziatore con impianto della protesi da revisione (Fig. 4).
Come in ogni procedura chirurgica, a maggior ragione nella chirurgia di revisione, possono presentarsi delle complicanze intra e perioperatorie. I possibili rischi includono ematomi, il non completo recupero dell’articolarità del ginocchio, infezioni, una cattiva cicatrizzazione, emorragie, trombosi venosa profonda, fratture intraoperatorie, lesioni vasculonervose, infarto ed ictus. Queste evenienze (elencate in ordine di frequenza) sono comunque rare. Il medico saprà dare indicazioni più precise riguardo ai rischi specifici per ogni singolo caso.
I risultati a lungo termine sono comunque eccellenti. Una vasta percentuale di pazienti riesce dopo pochi mesi ad ottenere un risultato soddisfacente e la ripresa delle proprie attività della vita quotidiana. Tuttavia, va segnalato che non è sempre possibile ottenere una ripresa completa dell’articolarità o la scomparsa totale del dolore, specialmente in presenza di infezione o importanti difetti ossei.
Bibliografia
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- Sharkey PF, Lichstein PM, Shen C, Tokarski AT, Parvizi J. Why are total knee arthroplasties failing today–has anything changed after 10 years? J Arthroplasty. 2014 Sep;29(9):1774-8. doi: 10.1016/j.arth.2013.07.024. Epub 2014 Jul 5. PMID: 25007726.
- Lombardi AV Jr, Kolich MT, Berend KR, Morris MJ, Crawford DA, Adams JB. Revision of Unicompartmental Knee Arthroplasty to Total Knee Arthroplasty: Is It as Good as a Primary Result? J Arthroplasty. 2018 Jul;33(7S):S105-S108.
- The adductor tubercle as an important landmark to determine the joint line level in total knee arthroplasty: from radiographs to surgical theatre. Iacono F, Raspugli GF, Bruni D, Filardo G, Zaffagnini S, Luetzow WF, Lo Presti M, Akkawi I, Marcheggiani Muccioli GM, Marcacci M. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2014 Dec;22(12):3034-8.
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